domenica 29 gennaio 2017

VBAC: dove, come, perchè


In questo periodo della mia vita sto incontrando tantissime coppie che hanno subito o avuto un cesareo con il loro primo bambino e desiderano un VBAC, ossia un parto vaginale dopo taglio cesareo (n.d.r mi piacerebbe si chiamasse parto NATURALE dopo taglio cesareo, ma tant'è!). Personalmente è un argomento che mi sta particolarmente a cuore, non so bene perché ma quando una donna mi dice "voglio il mio VBAC, voglio partorire il mio bambino" le dico "certo che lo avrai, combatteremo per far sì che tu lo ottenga!". 






Sì perché partorire naturalmente dopo cesareo non è facile come sembra, ci sono mille ostacoli da superare:

1. ginecologi e ostetriche non informati, non aggiornati, spaventati loro stessi dalla possibilità che la donna si riprenda il proprio parto.
2. medicalizzazione eccessiva intorno alla donna etichettata come "precesarizzata", etichetta che la rende subito "difettosa" agli occhi della maggior parte dei medici, una bomba a orologeria pronta a esplodere in complicanze su complicante e in imprevisti su imprevisti. Già la parola "travaglio di prova" fa capire alla donna di essere sotto esame, che ci può provare, forse, a ottenere ciò che vuole.
3. la società, l'ignoranza (nel senso del "non sapere") della maggioranza delle persone che ripetono incessantemente alla coppia che sceglie il percorso del VBAC "ma perchè? Non è più sicuro fare un cesare? Perché rischiare di travagliare? Perché vuoi provare dolore?".
4. l'ostacolo più grande dell'esperienza precedente. Un ostacolo superabile con il lavoro su di sé e di coppia per capire e metabolizzare l'esperienza del cesareo e ritrovare la fiducia nel proprio corpo e nelle proprie risorse

Cosa dicono gli studi in merito al VBAC? 

L’American College of Obstetricians and Gynecologists (ACOG), l'organo scientifico di riferimento statunitense, afferma che gran parte delle donne con un cesareo alle spalle, fatto con incisione trasversale sono candidate ad un VBAC e deve essere loro offerta la possibilità di entrare in travaglio prima di decidere per un nuovo cesareo. Anche le linee guida del Royal College of Obstetricians and Gynaecologists (RCOG) del Regno Unito, del 2007, affermano che la donna deve poter decidere tra parto vaginale dopo cesareo e ripetuto cesareo. In particolare i rischi legati al VBAC riguardano un massimo di complicazioni di 74 casi su 10.000, mentre il cesareo presenta il rischio massimo di  circa 300 casi su 10.000 di problemi respiratori per il bambino. Queste raccomandazioni corrispondono anche alle linee guida sul taglio cesareo pubblicate nel 2012 dall’Istituto Superiore di Sanità Italiano, che sono frutto dell’analisi approfondita e ragionata di tutti gli studi medico scientifici disponibili degli ultimi 4 anni.

Il VBAC, quindi, è possibile ma è sicuramente un percorso in salita fatto da protocolli ospedalieri assistenziali limitanti che non lasciano spazio alla minima deviazione da un travaglio e parto da manuale. La motivazione di tali protocolli nasce dalla paura che insorga una rottura d'utero, principale complicanza del TOLAC (Trial Of Labour After Cesarean) anche se, studi effettuati da ACOG dimostrano che il rischio di rottura d'utero in donne che hanno avuto un'incisione trasversale sul segmento uterino inferiore è dello 0,7%. Per altro, il limite di questi studi è che non viene specificato e reso noto l'ambiente e le condizioni in cui queste donne possono travagliare e partorire. Sono studi condotti in ospedali americani dove è possibile usare ossitocina sintetica anche nei VBAC (fattore che tende ad aumentare il rischio di rottura d'utero), dove è raro che a una donna vengano consentite la libertà di movimento, di espressione, di posizione e l'intimità necessarie a rendere il parto sicuro grazie all'equilibrio ormonale. 

Sappiamo dagli studi che, per partorire, una donna ha bisogno di secernere una particolare combinazione di ormoni. I principali sono la prolattina, l’adrenalina a intermittenza, le endorfine e soprattutto l’ossitocina.
È fondamentale ricordare che quando una donna è in travaglio la parte più attiva del suo corpo è il “cervello primitivo”, ossia le strutture cerebrali arcaiche che abbiamo in comune con tutti gli altri mammiferi. Affinché questa parte possa lavorare correttamente, l'altra parte del cervello, la neocorteccia, la parte più razionale specifica della specie umana, non deve essere eccessivamente sollecitata. Questo permette il necessario cambiamento nel livello di coscienza della donna che le permette di estraniarsi dall’ambiente che la circonda per intraprendere una sorta di viaggio interiore. 

È quindi importante evitare ogni stimolazione neocorticale, ogni sollecitazione dell'intelletto, perché interferisce con l'avanzamento del travaglio. Una donna per poter travagliare al meglio e riuscire a produrre gli ormoni necessari per far si che il processo della nascita si sviluppi correttamente ha bisogno di luci soffuse, intimità, senso di sicurezza, calore e tranquillità. Tutti questi fattori inibiscono la neocorteccia e stimolano invece il cervello arcaico, a protezione della fisiologia del travaglio.

Travagliare a domicilio, per esempio, con la propria ostetrica che controlla il benessere del bambino e della mamma, nell'intimità dei propri spazi, aiuta a far iniziare al meglio il processo del travaglio, senza eccessive interferenze e in totale sicurezza.

 Nei protocolli presenti nella maggior parte degli ospedali italiani, per esempio, una donna precesarizzata che affronta un TOLAC  non ha la possibilità di richiedere il monitoraggio a intermittenza, non ha la possibilità di travagliare e partorire in acqua, le viene programmato un cesareo anche prima della 41esima settimana e 3 giorni (epoca in cui è prevista l'induzione in molti ospedali), è sottoposta a visite interne anche ogni ora ed è costantemente osservata, senza a volte avere intimità e rispetto della sua persona e del partner.

Quindi quanto possono essere attendibili i dati ricavati dagli studi sull'incidenza della rottura d'utero? La percentuale potrebbe essere ancora più bassa se fosse concesso al corpo di avere le condizioni necessarie per produrre gli ormoni del parto in modo ottimale.

Per le donne italiane, la scelta è, perciò, tra un cesareo ripetuto, un VBAC medicalizzato o un parto a domicilio senza però il pieno sostegno della FNCO (Fderazione Nazionale dei Collegi delle Ostetriche)

Come fare per avere il proprio VBAC?

Scegliere con cura il professionista da cui farsi seguire, ginecologo o ostetrica, che sia davvero favorevole al parto dopo taglio cesareo, che conosca davvero la fisiologia del parto e i desideri della coppia, che non faccia terrorismo psicologico se desidera travagliare a casa, che non dia false informazioni riguardo alla salute della donna e alla possibilità di avere il suo VBAC.

Scegliere con altrettanta cura il luogo del parto, un luogo in cui ci si sente sicure, accolte, ascoltate, dove la medicalizzazione non sia eccessiva, dove il piano del parto possa essere rispettato.

Seguire un percorso di consapevolezza e conoscenza con la propria ostetrica sulla fisiologia del corpo in travaglio e parto, un percorso sul precedente cesareo informandosi tramite cartella clinica sulle reali motivazioni che hanno portato l'equipe medica a eseguire tale procedura, ragionarci, pensarci, piangere, sfogarsi e parlarne. Parlarne con altre donne che hanno avuto un'esperienza simile. 
Informarsi poi sulla possibilità di avere un accompagnamento sicuro in ospedale da parte della tua ostetrica, travagliando magari un po' a casa, oppure valutare la scelta di un parto a domicilio.

La regola fondamentale rimane informarsi, fidarsi di un professionista che ci crede davvero nel VBAC e che sia a conoscenza delle linee guida e degli studi pù recenti , valutare tutte i pareri, vagliare le informazioni e ascoltarsi, sentire cosa si desidera davvero per il proprio parto, capire nel profondo quale sia il luogo del parto più idoneo per se stesse e scegliere col cuore.


Fonti
http://www.nascerebene.ch/files/3714/6946/0183/RCOG_Linee_guida_VBAC_10_2015.pdf

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