giovedì 12 maggio 2016

La paura del vizio

"Il mio bambino vuole sempre stare in braccio. E se poi prende il vizio?"

"Di notte si sveglia spesso, lo metto nel lettone e dorme, lo metto nella cullina e piange. Ecco, gli ho dato il vizio!"

"Quando piange lo vorrei prendere subito in braccio ma mi hanno detto che così facendo prende il vizio e poi starà sempre in braccio."


Quante volte una mamma si fa queste domande? Quante volte parenti, amici, sconosciuti fanno osservazioni in merito al "vizio"? Sfatiamo anche il mito del vizio.

Per nove mesi, durante la gravidanza, voi siete state il mondo del vostro bambino: lui non è in grado di identificarsi come persona separata da voi.

Lui è voi.






Non ha nemmeno la percezione del tempo, per cui nove mesi sono come un'intera vita passata dentro di voi. Provate a immaginare di essere il vostro bambino nella vostra pancia...
Cosa sente? Sente tanti suoni. Sì, perché nella pancia non c'è mai silenzio: sente il battito del suo cuore, il battito del vostro cuore, il suono del respiro che passa nei polmoni, sente i rumori intestinali della mamma, sente la voce della mamma risuonare attraverso il liquido amniotico, sente la voce delle persone fuori dalla pancia, sente le vibrazioni della camminata della mamma.

E come si sente? Si sente protetto, avvolto, contenuto, abbracciato dalle pareti dell'utero, si sente al caldo nell'acqua del liquido, sente costantemente l'odore della sua mamma, i suoni e la luce sono attutiti dall'utero, la sua amica placenta è con lui.

Questo è il suo mondo.

Ora immaginate la nascita, il grande viaggio attraverso di voi per ri-nascere in un mondo completamente diverso da quello che conosceva. Suoni e odori diversi, non più avvolto dall'utero ma in uno spazio aereo. "Cosa succede? Dove sono? Chi sono?".

Magicamente, quando il neonato ritrova la sua mamma, si tranquillizza. Ritrova il suo mondo e ciò che gli ricorda la sua vita precedente, ciò che gli è familiare.

Tutti parlano della gestazione, dei nove mesi di gravidanza ma pochi parlano dei 9 mesi dopo la nascita che si chiamano "esogestazione"(cioè finchè il bambino non comincia a esplorare il mondo attraverso il gattonamento). In questi nove mesi, il cucciolo di uomo cerca tutto ciò che gli è familiare, tutto ciò che gli permettere di essere ancora sereno e tranquillo, cerca l'utero e la sua mamma. Quindi, il cucciolo di uomo, appena preso in braccio, sente il battito del cuore della sua mamma, il suo profumo, il suo respiro, si sente contenuto, protetto, si sente completo. "Sono a casa".

Lui si aspetta questo: una risposta costante ai suoi bisogni. Non è un vizio, è un bisogno. Credo che anche noi, dopo mesi passati in determinate condizioni avremmo bisogno di altrettanti mesi per adattarci a un cambiamento ambientale radicale, no?

Dormire insieme ne è ancora un esempio: nella culla, la maggior parte dei bambini piange. Non sanno dove sia andata la loro mamma, potrebbe essere andata via per sempre, loro non lo sanno. Hanno bisogno di sentirne il profumo.
I cuccioli non sanno cosa siano i vizi perché è un concetto che ha bisogno di un individuo più consapevole, decisamente più grande.

Seguite l'istinto, ascoltatevi. Se il vostro primo impulso mentre il vostro bambino piange è quello di prenderlo in braccio, assecondate questo istinto. E' sicuramente la cosa giusta per entrambi.

Vi riporto un articolo di Verena Schmid, ostetrica di fama internazionale sull'esogestazione. Buona lettura!

"Nel primo trimestre dell’esogestazione il bambino fa un grossissimo lavoro di adattamento. Mette appunto i suoi sistemi autonomi, il sistema immunitario, endocrino e neurovegetativo, ma anche i suoi apparati fisiologici. E’ ancora aiutato dal latte materno che lo fornisce di anticorpi, ormoni e informatori e dal corpo materno che gli insegna i ritmi. Il corpo materno è un vero e proprio monitor delle funzioni fetali e interviene in modo subcorticale nel loro aggiustamento. Un bambino piccolo ha bisogno di tempo per apprendere. Inoltre nell’esogestazione apprende la relazione. interagisce prima con le persone e, successivamente con l’ambiente. Come abbiamo già visto nell’endogestazione, il bambino apprende attraverso la ripetizione. Quindi non è tanto il singolo atto, quanto la continuità di un atteggiamento a incidere sulle sue modalità di crescita.
Cosa apprende un neonato? la polarità (luce-buio, fame-sazietà, frustrazione-gratificazione ecc.), i ritmi circadiani, fisiologici, attraverso sincronizzatori interni ed esterni, la relazione in cui lui è l’iniziatore, attraverso la relazione la reattività che incide anche sul  suo sistema immunitario.
Tutti elementi della salute.
Occorre dargli il tempo e lo spazio per la ripetizione, per sperimentarsi e risperimentarsi. Questo vale anche per le prime malattie comuni. Il sistema immunitario deve sperimentarsi e apprendere come combattere le malattie. Se tutti i sintomi vengono immediatamente repressi con sostanze esogene, gli togliamo questa possibilità. Creare delle malattie artificiali attraverso i vaccini, prima che i sistemi di adattamento del bambino si siano organizzati è altrettanto deleterio dal punto di vita della salute di base.
Lo stesso vale per lo svezzamento. Il cibo esogeno è un fattore estraneo per il sistema immunitario, deve imparare gradualmente a riconoscere sopratutto le proteine estranee, per cui vanno introdotte gradualmente (prima vegetali, poi animali), nel periodo in cui il bambino è pronto e nei tempi di tolleranza che segnala lui.
Vale per lo sviluppo motorio. Il bambino relegato in un passeggino dalla mattina alla sera perderà la sua reattività, la sua salute. Un bambino ha bisogno di spazio per sperimentarsi, ha bisogno di capire i propri limiti e potenziali attraverso l’esperienza. Il principio della reattività è applicabile a tutto. E può diventare un criterio di osservazione che ci fa capire, se un bambino è sano o no, se è più o meno a rischio di malattia.
L’eccesso di  stress in tutte le fasi del percorso nascita, un parto operativo, la mancanza dell’allattamento materno, farmaci, vaccini e uno svezzamento troppo precoce ne compromettono e pregiudicano la futura salute per tutta la vita.
Da qui ancora una grande responsabilità verso il non nato e il bambino piccolo di proteggerlo da inquinamenti e interferenze e di favorire la naturalità della sua nascita e crescita."


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